Descrizione botanica e ciclo vitale della Cannabis Sativa
4 Aprile 2020
CANNABIS SATIVA O INDICA?CLASSIFICAZIONE TASSONOMICA
La Cannabis Sativa L.
Il nome scientifico più noto e comunemente usato della canapa è la Cannabis sativa L. La “L.” indica che questo binomio latino fu fornito dal grande naturalista svedese Carl von Linné, latinizzato in Carolus Linnaeus.
Linneo elencò diverse varietà nel taxon, ipotizzando che tutte le piante appartenevano alla singola specie che aveva registrato per la prima volta, Cannabis come genere e sativa come specie.
Lamarck e la Cannabis Indica
Successivamente nel 1785, il biologo francese Lamarck riconobbe due specie distinte. La Cannabis sativa, una pianta più alta e più fibrosa e la Cannabis indica, una pianta più corta e con attività psicoattiva più pronunciata.
Questo approccio politipico ha prevalso per quasi due secoli. Alla fine però una maggioranza di botanici è arrivata ad accettare la posizione che tutte le piante di Cannabis appartenevano alla singola specie di Cannabis sativa. Questo concetto monotipico durò per decenni fino a quando fu riesaminato negli anni ’70 da una serie di scienziati e studiosi.
Alcuni, come Schultes et al. (1974) e Emboden (1974) hanno proposto che il genere Cannabis sia effettivamente politipico (include tre specie: C. sativa, C. indica e C. ruderalis). Secondo coloro che sostengono questa classificazione politipica, il concetto di tre specie si basa sulla propria esperienza sul campo e su altri studi. Comprese le più moderne fonti russe a lungo trascurate nella letteratura (Vavilov 1926,1931; Vavilov e Bukinich 1929; Serebriakova 1940; Zhukovskii 1950).
Diversi studi russi hanno anche indicato che il contenuto chimico di cannabinoidi psicoattivi della Cannabis indica è superiore a quello della Cannabis sativa o della Ruderalis.
Dopo ulteriori ricerche, Ernest Small (1979; Small e Cronquist 1976) riunì tutte le piante di Cannabis in C. sativa, con un certo numero di sottospecie e varietà.
GLI STUDI DI ROBERT CLARKE
Robert Clarke (1981) ha fornito ulteriori informazioni su questa confusa situazione tassonomica. Sostenne che tutte le classificazioni fino ad oggi sono “più semantiche che scientifiche e i dati possono essere interpretati in modo diverso dai vari tassonomi”. Ha inoltre affermato che gli usi delle piante “sono le nostre chiavi più importanti per distinguere singole varietà, ceppi o specie. “La forma e la funzione biologica di un singolo organismo, come una pianta di Cannabis, sono determinate dal suo patrimonio genetico, dall’ambiente in cui vive e dagli effetti della selezione naturale e artificiale. […] Sebbene l’ambiente svolge il suo ruolo nel plasmare la storia di vita di un organismo, l’eredità genetica è la chiave per differenziare una specie da un’altra.” Sempre Clarke (1981) ha sostenuto che “una pianta di Canapa dell’Himalaya indica e una pianta di Cannabis sativa da fibra del Kentucky, cresciute nelle stesse condizioni, anno dopo anno mostrano differenzemorfologiche che suggeriscono che almeno due specie separate dovrebbero essere definite”.
Come detto in precedenza, alcuni preferivano aggregare tutti i taxa di Cannabis insieme nella singola specie C. sativa, riconoscendo due sottospecie, canapa da fibra e da droga, ciascuna ulteriormente divisa in due varietà, selvatiche o coltivate (Small and Cronquist 1976). Altri dividono la Cannabis in tre specie: C. sativa, C. indica, e C. ruderalis, ogni specie contiene le sue varietà (Schultes et al., 1974). Altri ancora non hanno riconosciuto Cannabis ruderalis ma hanno riconosciuto le restanti due specie (Vavilov e Bukinich 1929, Serebriakova 1940, Zhukovskii 1950).
Un’unica categorizzazione
Small e Cronquist in epoca più recente hanno proposto l’ipotesi di un’unica categorizzazione per la Cannabis, illustrata nel libro “Practical and Natural Taxonomy for Cannabis”, pubblicato nel 1976. Questa nuova classificazione modifica i previ concetti di Lamarck e Vavilov, raggruppando tutte le sottospecie della pianta sotto la “specie-madre” Cannabis sativa.
La Cannabis indica viene quindi ridefinita come C. sativa L. subsp. indica, sottospecie della C. sativa, differenziata sulla base dello scopo della coltivazione ossia per l’uso medicinale e non per fibre e semi. Small e Cronquist inoltre dividono entrambe le sottospecie in varietà selvatica ed addomesticata. In base alla dimensione dei semi e ad altre caratteristiche della pianta come la quantità e qualità delle componenti (fibra, olio, seme, cannabinoidi). Questi concetti sono stati successivamente contestati da altri autori. Ciò ha reso la qualificazione tassonomica della pianta non ancora chiara in linea assoluta (Melosini, 2016). In tutto il sistema di nomenclatura precedente al XXI secolo, la Cannabis sativa era considerato il taxon più vario e geograficamente diversificato. Comprendeva la maggior parte delle varietà da fibra, seme e droga.
Nonostante decenni di impegnato dibattito sullo stato delle specie di Cannabis, la questione dell’assegnazione delle specie è stata affrontata solo di recente da prospettive tassonomiche genetiche, chemiotassiche e molecolari (Gilmore, Peakall e Robertson 2003, Hillig 2004a, 2005a / b, Hillig e Mahlberg 2004; Datwyler e Weiblen 2006). Ciò ha prodotto una caratterizzazione più approfondita dei moderni taxa di cannabis, oltre a interpretazioni più accurate delle loro interrelazioni evolutive.
La cannabis coltivata in Europa
Hillig riconobbe la Cannabis coltivata in Europa come una specie separata.
Poiché questa specie ha tipicamente le lamine fogliari strette e viene utilizzata principalmente per ottenere fibra di canapa e produzione di semi, ci riferiamo ad essa come una canapa a foglie strette (NLH- Narrow Leaflet Hemp). Le popolazioni europee di C. sativa NLH sono molto meno geneticamente diverse da quelle che si trovano in molte altre regioni. Hillig catalogò il resto delle varietà coltivate del mondo a C. indica e le divise in tre sottospecie. Una di queste sottospecie, C. indica subsp. indica, comprende varietà che coprono il subcontinente indiano dal Sud-Est asiatico verso l’India occidentale e verso l’Africa. Queste varietà utilizzate localmente come farmaci tradizionali, producono abbondanti quantità di THC con poca o nessuna quantità di cannabidiolo (CBD). Sulla base delle ricerche di Hillig, ora facciamo riferimento ai membri di C. indica subsp. indica come varietà da droga a foglia sottile (NLD- Narrow Leaflet Drug). Sebbene abbiano lamine fogliari relativamente strette come le piante NLH (C. sativa), le piante NLD possono produrre in abbondanza THC e sono più comunemente usate per gli effetti psicoattivi. Basato sulla tradizione tassonomica, queste piante sono chiamate “Indiche” piuttosto che “Sative”.
La seconda sottospecie di C. indica è originaria dell’Afghanistan dove le coltivazioni venivano tradizionalmente coltivate per produrre hashish, un prodotto ottenuto tramite setacciamento delle infiorescenze della cannabis.
La sua statura più corta e robusta e le foglie larghe di colore verde scuro la distinguono facilmente dalle varietà NLD più alte, più chiare e più ramificate. A causa della sua limitata estensione geografica e dell’uso limitato, il genoma afgano è meno diversificato rispetto al genoma della NLD.
Hillig la chiamò C. indica subsp. afghanica, che ora chiamiamo varietà a lamina larga (BLD- Broad Leaflet Drug) per differenziarle dalle varietà NLD.
In media, le popolazioni di piante BLD contengono quantità approssimativamente uguali di THC e CBD. Sebbene le varietà BLD siano considerate membri di C. indica, è più corretto distinguerle dalla sottospecie indica proveniente dall’India chiamandole sottospecie afghaniche, o semplicemente “afghani”.
Il terzo gruppo di Hillig all’interno di C. indica è la sottospecie chinensis, che comprende le varietà tradizionali di fibra e seme dell’Asia orientale e le popolazioni selvatiche associate. Ci riferiamo a questo gruppo come la varietà a foglie larghe (BLH- Broad Leaflet Hemp). Come altre sottospecie di C. indica, la varietà C. indica subsp. chinensis possiede il potenziale genetico per produrre THC psicoattivo. Le tradizioni culturali dell’Asia orientale però hanno a lungo incoraggiato la selezione di queste varietà per la loro fibra e seme, economicamente importanti, piuttosto che per il loro potenziale psicoattivo. Di conseguenza, la produzione totale di cannabinoidi è inferiore a quella delle sottospecie indica e afghanica.
L’antenato comune
La teoria evoluzionistica prevede che, ad un certo punto nel tempo, doveva esserci un presunto antenato dei due moderni specie, C. sativa e C. indica. Questo antico antenato è spesso chiamato C. ruderalis, che potrebbe aver avuto origine in qualche parte dell’Asia centrale. Tuttavia, le popolazioni apparentemente ancestrali sono più probabilmente discendenti di piante selvatiche che sono fuggite dalla coltivazione molto tempo fa. Lo studio pubblicato su Hemp Diseases and Pests (Mc Partland et al., 2000), afferma che la Cannabis sativa può essere classificata in: Cannabis sativa (= C. sativa var. sativa); Cannabis indica (=C. sativa var. indica); Cannabis ruderalis (= C. sativa var. spontanea); Cannabis afghanica (= C. sativa var. afghana). Volendo riassumere la tassonomia della Cannabis sativa L. ci è utile la classificazione seguente:
Un’ulteriore classificazione, molto importante soprattutto da un punto di vista legislativo e accademico, separa le diverse sottospecie di cannabis a seconda delle concentrazioni assolute di THC (Δ9‐THC + THCA) e CBD (CBD + CBDA):
• “piante da droga” (chemiotipo I), THC > 2 % e CBD < 0,5 %
• “piante intermedie” (chemiotipo II), THC > 0,5 % e CBD> 0,5 %
• “piante da fibra” (chemiotipo III), THC< 0,3 % e CBD > 0,5 %
Questa è la classificazione che meno porta alla confusione poiché utilizza solo il rapporto tra i due principali cannabinoidi per classificare una varietà, al contrario di tutti i sistemi sopra indicati. Dal punto legislativo è utilissimo perché ad oggi in Europa è possibile coltivare soltanto varietà di Cannabis sativa che hanno contenuto di THC < 0.2 % (la legge italiana prevede una tolleranza fino allo 0.6 %) quindi solo varietà appartenenti al gruppo del chemiotipo III.
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